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1. Transumanesimo - 13/04/2009
Voce dell'enciclopedia di "MondOperaio"
di Riccardo Campa
(da MondOperaio, Marzo-Aprile 2006)
Il termine "transumanesimo" indica una dottrina filosofica appartenente alla famiglia delle ideologie progressiste. Gli intellettuali transumanisti elaborano, studiano o promuovono le tecnologie finalizzate al superamento dei limiti umani. Analizzano i trend, le dimensioni psicologiche, le implicazioni etiche e l’impatto sociale di tali tecnologie, ponendo in luce soprattutto gli aspetti positivi dello sviluppo scientifico, ma senza sottovalutarne i potenziali pericoli. Con lo stesso termine si indica il movimento intellettuale e culturale che, facendo riferimento a tale filosofia, ritiene possibile e desiderabile l’alterazione in senso migliorativo della condizione umana. Per “miglioramento” si intende la limitazione e, possibilmente, l’eliminazione di processi naturali come l’invecchiamento, la malattia e la morte, nonché l’aumento delle capacità intellettuali, fisiche e psicologiche dell’uomo.
Il transumanesimo pone grande enfasi sul ruolo emancipatore della scienza, della tecnica e delle libertà civili, e parte dal presupposto che l’essere umano non è il prodotto finale dell’evoluzione, ma un esemplare di essere senziente destinato ad evolversi ulteriormente. Due sono le principali organizzazioni transumaniste: la World Transhumanist Association (WTA), fondata nel 1996 e presente in cento nazioni, e l’Extropy Institute (ExI), meno diffuso sul territorio, ma in grado di vantare una fondazione antecedente di qualche anno.
I transumanisti sono generalmente caratterizzati da un atteggiamento tecno-ottimista, ma insistono anche sulla necessità di utilizzare le tecnologie in un quadro di norme etiche. I limiti etici non sono però derivati dalla teologia. Pur non essendo pregiudizialmente contrari alle religioni, i transumanisti basano la propria morale soprattutto sui principi laici della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e, in particolare, sull’articolo 4, secondo il quale: «La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri».
Nel transumanesimo si notano elementi di continuità e di innovazione. L’uomo è da sempre in lotta con la propria condizione. Se c’è una costante nella storia è proprio il tentativo dell’uomo di modificare la natura a proprio vantaggio. Il transumanesimo si pone coscientemente nel solco di questa tradizione, ma si spinge ancora più avanti. Già altre ideologie progressiste – come l’illuminismo, il positivismo e il futurismo – avevano promosso questo atteggiamento, ma il transumanesimo va oltre perché riconosce all’uomo il diritto di migliorare tecnologicamente non solo l’ambiente, ma anche se stesso. Il diritto individuale alla libertà morfologica, ovvero di modifica del proprio corpo e della propria mente, è una derivazione logica dell’articolo 4.
Nel “Manifesto di bioetica laica” firmato da Flamigni, Massarenti, Mori e Petroni (Sole 24 Ore, 9 giugno 1996) si legge: «L’evoluzione delle conoscenze teoriche e delle possibilità tecnologiche nel campo biologico e medico ha sollevato opportunità e problemi che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. Se infatti la rivoluzione scientifica e tecnologica dell’era moderna ha permesso all’uomo di modificare radicalmente la natura che lo circonda, la rivoluzione biologica e medica dischiude la possibilità che egli intervenga sulla propria natura. Non ci si deve meravigliare che la “seconda rivoluzione scientifica” porti con sé attese e timori altrettanto grandi di quelli che accompagnarono la nascita della scienza e del mondo moderno… Noi reputiamo essenziale che questa nuova rivoluzione scientifica non debba essere accompagnata dallo stesso atteggiamento ideologico che ostacolò la formazione della visione scientifica nel mondo dell’età moderna». Il transumanesimo si pone in sintonia con questo principio laico e ambisce ad essere proprio la filosofia della seconda rivoluzione scientifica.
La speranza nell’estinzione dell’invecchiamento e della morte nei prossimi decenni, a prima vista, potrebbe apparire un’ingenuità. E non si può negare che certe speranze dei transumanisti siano in effetti utopiche o poco realistiche. Va però anche considerato il fatto che molti sogni dell’uomo, in passato considerati irrealizzabili, come volare, navigare sotto i mari, comunicare a distanza, uscire dal pianeta Terra, intervenire sulla struttura della materia, creare nuove forme di vita, ed altro ancora, oggi sono realtà. Ora, ad apparire ingenui, sono coloro che si dicevano certi dell’insensatezza di tali progetti.
Quattro sono i settori della ricerca che, passo dopo passo, sembrano attuare il programma transumanista: intelligenza artificiale, robotica, ingegneria genetica e nanotecnologia. Gran parte dell’attenzione dei media e dei partiti politici è concentrata sulle biotecnologie, per via dello straordinario sviluppo delle stesse negli ultimi trent’anni. Fecondazione artificiale, trapianti di organi, clonazione e Ogm sono ormai temi presenti nelle agende politiche o nelle legislazioni di molti paesi. Altri scenari e nuovi problemi saranno generati dagli ulteriori sviluppi della genetica. Se verrà scoperto il meccanismo che provoca la degenerazione dei tessuti umani e se verranno sconfitte le malattie oggi ritenute incurabili, la durata della vita potrebbe essere prolungata illimitatamente. Se ciò avvenisse, tutto l’assetto sociale, politico ed economico delle società umane dovrebbe essere ridisegnato. Si pensi soltanto all’impatto che tali tecnologie avrebbero sul sistema pensionistico, sul mercato del lavoro, sulla demografia, sull’ambiente. E, d’altronde, in un mondo liberale e democratico, non si può impedire ai cittadini di accedere a cure, farmaci e operazioni chirurgiche. Chi cercasse di limitare la libertà individuale, otterrebbe soltanto la nascita di un mercato nero controllato dalle mafie. Uno degli slogan più noti del transumanesimo è: «Se l’evoluzione sarà dichiarata un crimine, solo i criminali evolveranno».
Ma a rendere inadeguate e controproducenti le politiche proibizionistiche nel campo delle biotecnologie è il fatto che esse rappresentano soltanto una piccola porzione del fronte di progresso della tecnoscienza. È nei laboratori di elettronica, informatica e robotica che si stanno ponendo le basi di ciò che i transumanisti chiamano “la Singolarità”, ovvero il momento in cui gli esseri senzienti (macchine o ibridi uomo-macchina) potranno raggiungere un livello di intelligenza super-umana.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è descritto piuttosto fedelmente dalla Legge di Moore, secondo la quale la densità di transistor per circuito integrato cresce seguendo una curva esponenziale. Negli ultimi trent’anni è raddoppiata ogni 18 mesi/due anni. Poiché esiste una correlazione tra miglioramento dell’hardware e potenza di calcolo delle macchine pensanti, la legge può essere considerata indicativa della crescita di “intelligenza” di tali macchine. In realtà, quella di Moore non è una legge, ma l’osservazione di una regolarità. Ciò significa che in qualunque momento il trend potrebbe assumere altre direzioni. Ray Kurzweil ritiene che il cambiamento di trend, se ci sarà, potrà essere solo al rialzo. Egli ha infatti mostrato che la legge di Moore è il caso speciale di un processo di più ampia portata. Se si considerano tutte le macchine pensanti prodotte dall’uomo, dai calcolatori meccanici agli attuali computer, si nota che il circuito integrato è soltanto l’ultimo di una serie di paradigmi. In precedenza, i calcoli sono stati prodotti da dispositivi meccanici, relè, valvole elettroniche e transistor. La prossima frontiera potrebbe essere il computer atomico o biologico. Il trend, osservato su un arco temporale di oltre un secolo, rivela che non cresce soltanto il numero di dispositivi per unità di calcolo, ma è lo stesso tasso di crescita ad aumentare, grazie al mutamento di paradigma. Poiché il progresso segue una curva doppiamente esponenziale, secondo Kurzweil, nel ventunesimo secolo, avremo ventimila anni di progresso al tasso di crescita dell’anno 2000.
Aldilà della plausibilità di questi calcoli, resta il fatto che la complessità e la potenza dei computer sta gradualmente raggiungendo quella del cervello umano. Ragionando in un’ottica puramente materialistica, dobbiamo dunque aspettarci in tempi non lontani una presa di coscienza delle macchine. Ma anche se postuliamo un’ontologia dualistica, attribuendo la coscienza ad un ente immateriale (l’anima) assente nella macchina, a tale livello di complessità, diventerebbe impossibile distinguere sul piano comportamentale un uomo da un androide. Se anche la “creatività” potrà essere simulata, le conseguenze sociali saranno le medesime.
La miniaturizzazione dei dispositivi, l’implementazione degli stessi in macchine dotate di capacità di movimento (robot, androidi), e la diffusione di tali macchine in ambienti lavorativi e domestici disegnano dunque un nuovo scenario per la specie umana. I film di fantascienza tendono, in genere, a rappresentare il futuro in termini distopici, con le macchine che prendono il sopravvento sull’uomo (Terminator, Matrix, ecc.). I transumanisti si mostrano invece ottimisti. Lungi da rappresentare qualcosa di indesiderabile o da temere, questo scenario offre infatti l’opportunità di superare alcuni problemi fondamentali dell’uomo. Per comprenderlo, è però necessario superare lo schema dicotomico alla base delle distopie: noi (gli umani) e loro (le macchine). Lo scenario diventa positivo nella prospettiva del divenire cyborg. La fusione dell’uomo con le macchine, attraverso la sostituzione pezzo a pezzo dei corpi biologici con dispositivi elettronici più avanzati, potrebbe permettere di allungare illimitatamente la vita e addirittura potenziare le attività fisiche e cerebrali.
Naturalmente, direzionare la storia verso uno scenario utopico piuttosto che distopico si configura come un problema squisitamente politico. Sul piano politico, i transumanisti presentano punti di convergenza e di divisione. Sono uniti per quanto riguarda alcune idee strategiche come: 1) la difesa e l’allargamento delle libertà civili; 2) la necessità di promuovere l’innovazione tecnologica; 3) la libertà di ricerca scientifica; 4) la laicità degli Stati. Tuttavia, risultano divisi sul piano dei programmi economici e di politica internazionale.
Nel transumanesimo esistono tre principali orientamenti politici: left-wing (socialisti, liberali di sinistra, democratici USA), right-wing (liberali di destra, anarco-capitalisti, repubblicani USA) e up-wing (una sintesi). Rari sono i transumanisti che si pongono nell’alveo dell’estrema destra, del comunismo, o dei partiti confessionali. I transumanisti di sinistra ritengono che per uno sviluppo equilibrato della società sia necessario garantire il più ampio accesso possibile alle nuove tecnologie, senza discriminare le fasce economicamente deboli o i paesi in via di sviluppo. Non hanno fiducia nel liberismo puro, giacché sono convinti che l’aumento di intelligenza dei computer e dei robot non potrà che ripercuotersi negativamente sui livelli occupazionali, senza un intervento regolatore dello Stato. La maggior parte dei lavori, anche di concetto, sarà presto alla portata di una macchina, quand’anche priva di coscienza o di emozioni (eventualità che, comunque, non può nemmeno essere esclusa). Se nessuna azienda troverà conveniente assumere un essere umano, perché sostituibile da un robot che lavora intelligentemente senza pause per il solo costo dell’energia, si dovrà pensare ad un assetto sociale diverso che possa anche implicare l’abolizione del lavoro. I cittadini potrebbero ottenere un reddito di esistenza ed essere pagati per consumare, piuttosto che per produrre. La soluzione sarebbe giustificata sul piano etico, perché scienza e tecnica sono prodotti collettivi, dovendo la propria esistenza allo sforzo congiunto di molte menti, operanti in luoghi e periodi storici diversi. Un computer atomico prodotto, per esempio, da un’azienda giapponese, non sarebbe concepibile senza le idee di Democrito, di Galileo, di Leibniz e di altri pensatori. Inoltre la ricerca scientifica è spesso finanziata da denaro pubblico. Sarebbe ingiusto prelevare denaro dalle tasche dei lavoratori, per finanziare una ricerca il cui risultato finale è la loro marginalizzazione sociale. In breve, i transumanisti di sinistra sostengono che il carattere collettivo della tecnoscienza giustifica ampiamente una politica solidale. Reputano assurdo che, nonostante i progressi della tecnica, gli uomini siano ancora costretti a lavorare lo stesso numero di ore dei loro antenati e magari in condizioni di maggiore precarietà. In questo individuano un difetto del sistema capitalista, che deve essere corretto.
Diversa la posizione dei transumanisti anarco-capitalisti, i quali ritengono che un intervento dello Stato non può che rallentare il progresso. L’accesso alle nuove tecnologie sarà garantito dal libero mercato. Parallelamente alla legge di Moore opera infatti un’altra legge economica, per cui al raddoppiare della potenza di calcolo della macchina, corrisponde anche un decremento notevole del suo prezzo. Oggi telefoni cellulari e personal computer sono alla portata di tutti, mentre appena usciti erano status symbol. In futuro, anche gli interventi di modifica genetica o gli impianti biocibernetici saranno beni accessibili a tutte le fasce di reddito. Il problema della disoccupazione potrebbe non porsi perché, se è vero che le macchine evolvono, è anche vero che agli umani si schiude la possibilità di una analoga evoluzione. I transumani, da un lato, saranno sempre più competitivi e, dall’altro, inventeranno nuovi lavori e nuove occupazioni, valorizzando i propri talenti.
Solo il futuro potrà dire quale delle due visioni è più lungimirante. Gli up-wingers, dal canto loro, ritengono che conviene liberarsi dalle formule ideologiche preconfezionate e affrontare pragmaticamente i problemi. Le ideologie elaborate nell’Ottocento per gestire la rivoluzione industriale (liberalismo e socialismo sono i due casi esemplari) debbono essere superate e rimpiazzate da un progetto politico radicalmente nuovo e adeguato alle sfide del Ventunesimo secolo. Si debbono privatizzare o nazionalizzare le ferrovie, l’elettricità o i servizi di miglioramento genetico? Per chi cerca di sintetizzare e superare le idee liberali e socialiste in nome del transumanesimo, non c’è risposta a priori a questa domanda. Dobbiamo chiederci quale scelta massimizza, qui ed ora, il progresso tecnico. Se ci sono imprenditori audaci e con mentalità futurista, si privatizza. Se ci sono parassiti senza slanci che vogliono vivere di rendita, si nazionalizza. Si lasciano, cioè, agli economisti le formule astratte a priori e si vincolano le scelte contingenti all’ideale più alto del progresso. La storia insegna che senza iniziativa pubblica non avremmo avuto i viaggi spaziali e senza iniziativa privata non avremmo avuto i personal computer. Deve rimanere fermo soltanto il principio della massima felicità, longevità e intelligenza per il massimo numero di esseri senzienti. Un principio che tutti i transumanisti sottoscrivono.
Riccardo Campa
(da MondOperaio, Marzo-Aprile 2006)
Il transumanesimo pone grande enfasi sul ruolo emancipatore della scienza, della tecnica e delle libertà civili, e parte dal presupposto che l’essere umano non è il prodotto finale dell’evoluzione, ma un esemplare di essere senziente destinato ad evolversi ulteriormente. Due sono le principali organizzazioni transumaniste: la World Transhumanist Association (WTA), fondata nel 1996 e presente in cento nazioni, e l’Extropy Institute (ExI), meno diffuso sul territorio, ma in grado di vantare una fondazione antecedente di qualche anno.
I transumanisti sono generalmente caratterizzati da un atteggiamento tecno-ottimista, ma insistono anche sulla necessità di utilizzare le tecnologie in un quadro di norme etiche. I limiti etici non sono però derivati dalla teologia. Pur non essendo pregiudizialmente contrari alle religioni, i transumanisti basano la propria morale soprattutto sui principi laici della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e, in particolare, sull’articolo 4, secondo il quale: «La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri».
Nel transumanesimo si notano elementi di continuità e di innovazione. L’uomo è da sempre in lotta con la propria condizione. Se c’è una costante nella storia è proprio il tentativo dell’uomo di modificare la natura a proprio vantaggio. Il transumanesimo si pone coscientemente nel solco di questa tradizione, ma si spinge ancora più avanti. Già altre ideologie progressiste – come l’illuminismo, il positivismo e il futurismo – avevano promosso questo atteggiamento, ma il transumanesimo va oltre perché riconosce all’uomo il diritto di migliorare tecnologicamente non solo l’ambiente, ma anche se stesso. Il diritto individuale alla libertà morfologica, ovvero di modifica del proprio corpo e della propria mente, è una derivazione logica dell’articolo 4.
Nel “Manifesto di bioetica laica” firmato da Flamigni, Massarenti, Mori e Petroni (Sole 24 Ore, 9 giugno 1996) si legge: «L’evoluzione delle conoscenze teoriche e delle possibilità tecnologiche nel campo biologico e medico ha sollevato opportunità e problemi che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. Se infatti la rivoluzione scientifica e tecnologica dell’era moderna ha permesso all’uomo di modificare radicalmente la natura che lo circonda, la rivoluzione biologica e medica dischiude la possibilità che egli intervenga sulla propria natura. Non ci si deve meravigliare che la “seconda rivoluzione scientifica” porti con sé attese e timori altrettanto grandi di quelli che accompagnarono la nascita della scienza e del mondo moderno… Noi reputiamo essenziale che questa nuova rivoluzione scientifica non debba essere accompagnata dallo stesso atteggiamento ideologico che ostacolò la formazione della visione scientifica nel mondo dell’età moderna». Il transumanesimo si pone in sintonia con questo principio laico e ambisce ad essere proprio la filosofia della seconda rivoluzione scientifica.
La speranza nell’estinzione dell’invecchiamento e della morte nei prossimi decenni, a prima vista, potrebbe apparire un’ingenuità. E non si può negare che certe speranze dei transumanisti siano in effetti utopiche o poco realistiche. Va però anche considerato il fatto che molti sogni dell’uomo, in passato considerati irrealizzabili, come volare, navigare sotto i mari, comunicare a distanza, uscire dal pianeta Terra, intervenire sulla struttura della materia, creare nuove forme di vita, ed altro ancora, oggi sono realtà. Ora, ad apparire ingenui, sono coloro che si dicevano certi dell’insensatezza di tali progetti.
Quattro sono i settori della ricerca che, passo dopo passo, sembrano attuare il programma transumanista: intelligenza artificiale, robotica, ingegneria genetica e nanotecnologia. Gran parte dell’attenzione dei media e dei partiti politici è concentrata sulle biotecnologie, per via dello straordinario sviluppo delle stesse negli ultimi trent’anni. Fecondazione artificiale, trapianti di organi, clonazione e Ogm sono ormai temi presenti nelle agende politiche o nelle legislazioni di molti paesi. Altri scenari e nuovi problemi saranno generati dagli ulteriori sviluppi della genetica. Se verrà scoperto il meccanismo che provoca la degenerazione dei tessuti umani e se verranno sconfitte le malattie oggi ritenute incurabili, la durata della vita potrebbe essere prolungata illimitatamente. Se ciò avvenisse, tutto l’assetto sociale, politico ed economico delle società umane dovrebbe essere ridisegnato. Si pensi soltanto all’impatto che tali tecnologie avrebbero sul sistema pensionistico, sul mercato del lavoro, sulla demografia, sull’ambiente. E, d’altronde, in un mondo liberale e democratico, non si può impedire ai cittadini di accedere a cure, farmaci e operazioni chirurgiche. Chi cercasse di limitare la libertà individuale, otterrebbe soltanto la nascita di un mercato nero controllato dalle mafie. Uno degli slogan più noti del transumanesimo è: «Se l’evoluzione sarà dichiarata un crimine, solo i criminali evolveranno».
Ma a rendere inadeguate e controproducenti le politiche proibizionistiche nel campo delle biotecnologie è il fatto che esse rappresentano soltanto una piccola porzione del fronte di progresso della tecnoscienza. È nei laboratori di elettronica, informatica e robotica che si stanno ponendo le basi di ciò che i transumanisti chiamano “la Singolarità”, ovvero il momento in cui gli esseri senzienti (macchine o ibridi uomo-macchina) potranno raggiungere un livello di intelligenza super-umana.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale è descritto piuttosto fedelmente dalla Legge di Moore, secondo la quale la densità di transistor per circuito integrato cresce seguendo una curva esponenziale. Negli ultimi trent’anni è raddoppiata ogni 18 mesi/due anni. Poiché esiste una correlazione tra miglioramento dell’hardware e potenza di calcolo delle macchine pensanti, la legge può essere considerata indicativa della crescita di “intelligenza” di tali macchine. In realtà, quella di Moore non è una legge, ma l’osservazione di una regolarità. Ciò significa che in qualunque momento il trend potrebbe assumere altre direzioni. Ray Kurzweil ritiene che il cambiamento di trend, se ci sarà, potrà essere solo al rialzo. Egli ha infatti mostrato che la legge di Moore è il caso speciale di un processo di più ampia portata. Se si considerano tutte le macchine pensanti prodotte dall’uomo, dai calcolatori meccanici agli attuali computer, si nota che il circuito integrato è soltanto l’ultimo di una serie di paradigmi. In precedenza, i calcoli sono stati prodotti da dispositivi meccanici, relè, valvole elettroniche e transistor. La prossima frontiera potrebbe essere il computer atomico o biologico. Il trend, osservato su un arco temporale di oltre un secolo, rivela che non cresce soltanto il numero di dispositivi per unità di calcolo, ma è lo stesso tasso di crescita ad aumentare, grazie al mutamento di paradigma. Poiché il progresso segue una curva doppiamente esponenziale, secondo Kurzweil, nel ventunesimo secolo, avremo ventimila anni di progresso al tasso di crescita dell’anno 2000.
Aldilà della plausibilità di questi calcoli, resta il fatto che la complessità e la potenza dei computer sta gradualmente raggiungendo quella del cervello umano. Ragionando in un’ottica puramente materialistica, dobbiamo dunque aspettarci in tempi non lontani una presa di coscienza delle macchine. Ma anche se postuliamo un’ontologia dualistica, attribuendo la coscienza ad un ente immateriale (l’anima) assente nella macchina, a tale livello di complessità, diventerebbe impossibile distinguere sul piano comportamentale un uomo da un androide. Se anche la “creatività” potrà essere simulata, le conseguenze sociali saranno le medesime.
La miniaturizzazione dei dispositivi, l’implementazione degli stessi in macchine dotate di capacità di movimento (robot, androidi), e la diffusione di tali macchine in ambienti lavorativi e domestici disegnano dunque un nuovo scenario per la specie umana. I film di fantascienza tendono, in genere, a rappresentare il futuro in termini distopici, con le macchine che prendono il sopravvento sull’uomo (Terminator, Matrix, ecc.). I transumanisti si mostrano invece ottimisti. Lungi da rappresentare qualcosa di indesiderabile o da temere, questo scenario offre infatti l’opportunità di superare alcuni problemi fondamentali dell’uomo. Per comprenderlo, è però necessario superare lo schema dicotomico alla base delle distopie: noi (gli umani) e loro (le macchine). Lo scenario diventa positivo nella prospettiva del divenire cyborg. La fusione dell’uomo con le macchine, attraverso la sostituzione pezzo a pezzo dei corpi biologici con dispositivi elettronici più avanzati, potrebbe permettere di allungare illimitatamente la vita e addirittura potenziare le attività fisiche e cerebrali.
Naturalmente, direzionare la storia verso uno scenario utopico piuttosto che distopico si configura come un problema squisitamente politico. Sul piano politico, i transumanisti presentano punti di convergenza e di divisione. Sono uniti per quanto riguarda alcune idee strategiche come: 1) la difesa e l’allargamento delle libertà civili; 2) la necessità di promuovere l’innovazione tecnologica; 3) la libertà di ricerca scientifica; 4) la laicità degli Stati. Tuttavia, risultano divisi sul piano dei programmi economici e di politica internazionale.
Nel transumanesimo esistono tre principali orientamenti politici: left-wing (socialisti, liberali di sinistra, democratici USA), right-wing (liberali di destra, anarco-capitalisti, repubblicani USA) e up-wing (una sintesi). Rari sono i transumanisti che si pongono nell’alveo dell’estrema destra, del comunismo, o dei partiti confessionali. I transumanisti di sinistra ritengono che per uno sviluppo equilibrato della società sia necessario garantire il più ampio accesso possibile alle nuove tecnologie, senza discriminare le fasce economicamente deboli o i paesi in via di sviluppo. Non hanno fiducia nel liberismo puro, giacché sono convinti che l’aumento di intelligenza dei computer e dei robot non potrà che ripercuotersi negativamente sui livelli occupazionali, senza un intervento regolatore dello Stato. La maggior parte dei lavori, anche di concetto, sarà presto alla portata di una macchina, quand’anche priva di coscienza o di emozioni (eventualità che, comunque, non può nemmeno essere esclusa). Se nessuna azienda troverà conveniente assumere un essere umano, perché sostituibile da un robot che lavora intelligentemente senza pause per il solo costo dell’energia, si dovrà pensare ad un assetto sociale diverso che possa anche implicare l’abolizione del lavoro. I cittadini potrebbero ottenere un reddito di esistenza ed essere pagati per consumare, piuttosto che per produrre. La soluzione sarebbe giustificata sul piano etico, perché scienza e tecnica sono prodotti collettivi, dovendo la propria esistenza allo sforzo congiunto di molte menti, operanti in luoghi e periodi storici diversi. Un computer atomico prodotto, per esempio, da un’azienda giapponese, non sarebbe concepibile senza le idee di Democrito, di Galileo, di Leibniz e di altri pensatori. Inoltre la ricerca scientifica è spesso finanziata da denaro pubblico. Sarebbe ingiusto prelevare denaro dalle tasche dei lavoratori, per finanziare una ricerca il cui risultato finale è la loro marginalizzazione sociale. In breve, i transumanisti di sinistra sostengono che il carattere collettivo della tecnoscienza giustifica ampiamente una politica solidale. Reputano assurdo che, nonostante i progressi della tecnica, gli uomini siano ancora costretti a lavorare lo stesso numero di ore dei loro antenati e magari in condizioni di maggiore precarietà. In questo individuano un difetto del sistema capitalista, che deve essere corretto.
Diversa la posizione dei transumanisti anarco-capitalisti, i quali ritengono che un intervento dello Stato non può che rallentare il progresso. L’accesso alle nuove tecnologie sarà garantito dal libero mercato. Parallelamente alla legge di Moore opera infatti un’altra legge economica, per cui al raddoppiare della potenza di calcolo della macchina, corrisponde anche un decremento notevole del suo prezzo. Oggi telefoni cellulari e personal computer sono alla portata di tutti, mentre appena usciti erano status symbol. In futuro, anche gli interventi di modifica genetica o gli impianti biocibernetici saranno beni accessibili a tutte le fasce di reddito. Il problema della disoccupazione potrebbe non porsi perché, se è vero che le macchine evolvono, è anche vero che agli umani si schiude la possibilità di una analoga evoluzione. I transumani, da un lato, saranno sempre più competitivi e, dall’altro, inventeranno nuovi lavori e nuove occupazioni, valorizzando i propri talenti.
Solo il futuro potrà dire quale delle due visioni è più lungimirante. Gli up-wingers, dal canto loro, ritengono che conviene liberarsi dalle formule ideologiche preconfezionate e affrontare pragmaticamente i problemi. Le ideologie elaborate nell’Ottocento per gestire la rivoluzione industriale (liberalismo e socialismo sono i due casi esemplari) debbono essere superate e rimpiazzate da un progetto politico radicalmente nuovo e adeguato alle sfide del Ventunesimo secolo. Si debbono privatizzare o nazionalizzare le ferrovie, l’elettricità o i servizi di miglioramento genetico? Per chi cerca di sintetizzare e superare le idee liberali e socialiste in nome del transumanesimo, non c’è risposta a priori a questa domanda. Dobbiamo chiederci quale scelta massimizza, qui ed ora, il progresso tecnico. Se ci sono imprenditori audaci e con mentalità futurista, si privatizza. Se ci sono parassiti senza slanci che vogliono vivere di rendita, si nazionalizza. Si lasciano, cioè, agli economisti le formule astratte a priori e si vincolano le scelte contingenti all’ideale più alto del progresso. La storia insegna che senza iniziativa pubblica non avremmo avuto i viaggi spaziali e senza iniziativa privata non avremmo avuto i personal computer. Deve rimanere fermo soltanto il principio della massima felicità, longevità e intelligenza per il massimo numero di esseri senzienti. Un principio che tutti i transumanisti sottoscrivono.
Riccardo Campa
(da MondOperaio, Marzo-Aprile 2006)