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2.   Il sogno dei transumanisti - 29/04/2009

Estratto del Manifesto dei transumanisti italiani, pubblicato in Delos il 7 settembre 2008

 

Noi transumanisti ci siamo dati un obiettivo chiaro e ambizioso: creare le condizioni per una rivoluzione morale e intellettuale di orientamento prometeico. Una rivoluzione capace di produrre cambiamenti radicali nel mondo della cultura e della vita quotidiana. Vorremmo vedere l’umanità protagonista di una nuova fase di sviluppo tecnologico, scientifico, industriale, culturale, ma anche biologico – dal momento che tra i nostri valori fondamentali c’è anche l’allungamento della vita, il rallentamento del processo di invecchiamento, la salute dei cittadini e il potenziamento fisico e psichico dei disabili e dei normodotati, anche oltre i limiti imposti dalla nostra attuale struttura biologica.
Riteniamo un valore fondamentale anche l’autodeterminazione degli individui e dei popoli e perciò non intendiamo imporre a nessuno i nostri valori, ma semplicemente proporli. Con la speranza che la stessa tolleranza venga usata nei nostri confronti. Per quanto riguarda gli strumenti di diffusione delle nostre idee, vogliamo segnalare innanzitutto il nostro sito ufficiale [ + ] e la nostra rivista cartacea Divenire: Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano.
L’idea cardine del transumanesimo può essere riassunta in una formula: è possibile ed auspicabile passare da una fase di evoluzione cieca ad una fase di evoluzione autodiretta consapevole. Noi siamo pronti a fare ciò che oggi la scienza rende possibile, ovvero prendere in mano il nostro destino di specie. Siamo pronti ad accettare la sfida che proviene dai risultati delle biotecnologie, delle scienze cognitive, della robotica, della nanotecnologia e dell’intelligenza artificiale, portando detta sfida su un piano sociale e culturale, al fine di dare al nostro percorso un senso e una direzione. La direzione che gli sviluppi della tecnica sembrano indicare è l’avvento del postumano.
Si badi che questo progetto non ha molto a che fare con l’eugenetica del XX secolo. La sterilizzazione dei portatori di malattie ereditarie fu una risposta primitiva e brutale ad un problema che le nuove tecnologie permettono di superare lasciando intatta la libertà di procreazione degli individui. In altre parole, è pura mistificazione identificare l’eugenetica negativa e autoritaria del passato con l’attuale modello transumanista di evoluzione autodiretta, che è proteso a garantire in positivo la salute e il potenziamento degli individui e della loro prole, tenendo sempre ferma la libertà di scelta e il diritto alla salute del nascituro.
Nonostante solo oggi si renda possibile affrontare il problema in questi termini, sarebbe altrettanto sbagliato vedere il superamento dei limiti biologici dell’uomo alla stregua di un piano formulato nottetempo da improvvisati apprendisti stregoni. Si tratta, al contrario, di un’idea che ha una tradizione solida nella storia del pensiero europeo e che – anche prima della nascita del movimento transumanista propriamente detto – ha espresso pensatori del calibro di Francesco Bacone, Tommaso Campanella, Jean Condorcet, Friedrich Nietzsche, Filippo Tommaso Marinetti, Leon Trotsky, Julian Huxley, Jacques Monod e Jean-François Lyotard, per citare solo i nomi più noti. Noi, ora, stiamo semplicemente riannodando i fili del discorso, al fine di elaborare una filosofia unitaria e coerente.


Libertà di ricerca, sviluppo e accesso alle tecnologie

Il movimento transumanista ha ottenuto notevole attenzione da parte dei media, ma – come spesso accade in queste circostanze – molte delle notizie diffuse sul nostro conto sono incorrette, frutto di pregiudizi o di incomprensioni. Per esempio, ci è stata spesso rivolta l’accusa di elitarismo, ma chi ci conosce bene sa che tutto il nostro lavoro è diretto a beneficiare il più ampio numero possibile di esseri umani. Ecco perché riteniamo importante mettere nero su bianco il nostro programma o, se vogliamo, il nostro sogno.
In particolare, ci preme sottolineare che l’accusa di elitarismo – l’idea dei transumanisti come di una sorta di loggia composta da membri selezionati tra i ricchi professionisti – è del tutto caricaturale. In realtà, il nostro movimento è aperto a tutti coloro che hanno a cuore la scienza, la tecnica, la salute, la longevità. È vero che tra gli iscritti ci sono alcuni personaggi di spicco della cultura e dell’imprenditoria, ma in genere i nostri membri sono studenti, ricercatori e lavoratori con la passione per la tecnologia, la futurologia, la fantascienza. E proprio perché nel nostro movimento ci sono tanti cittadini comuni, il nostro principale obiettivo non può che essere l’appoggio a tutti coloro che lottano contro l’esclusione dalle tecnologie attuali e future, a livello sociale quanto a livello internazionale.
L’impegno dei transumanisti è infatti volto a garantire ai cittadini il possesso delle conoscenze e delle tecnologie e può essere inquadrato su tre livelli d’intervento: libertà, sviluppo, accesso. Se lottare affinché siano destinate risorse umane e materiali alla scienza è un passo fondamentale, è altrettanto evidente che senza una reale libertà di ricerca scientifica, nonché rispetto delle norme minime dell’ethos scientifico, lo sforzo sarebbe vano. Le risorse sarebbero semplicemente sprecate. La priorità assoluta è dunque una battaglia antiproibizionista per ottenere la libertà di ricerca scientifica, nonché la libertà di evolvere, di mutare, di trasformare il proprio fenotipo e il proprio genotipo in prospettiva postumana. Libertà che, specialmente in Italia, trova fieri oppositori.
Ad un secondo livello d’intervento si pone la questione dello sviluppo. Una volta ottenuta la libertà della scienza, si deve approntare un piano per dare impulso ad una ricerca scientifica che, pur nella sua autonomia, non perda di vista la priorità di un miglioramento delle condizioni sociali e individuali, a partire da salute e longevità, fondamento di tutto il resto. In questo contesto l’Italia, piuttosto all’avanguardia nel campo della robotica, non finanzia abbastanza lo sviluppo del settore biotech, a partire dalla ricerca pura in biologia e gerontologia, fino alle applicazioni mediche di punta. È, d’altronde, evidente che un impegno in questa direzione non avrebbe senso senza una riforma della ricerca italiana in direzione di maggiore trasparenza, meritocrazia ed efficacia.
Ma non ci fermiamo certo qui. Non ci bastano la libertà formale e il sostegno economico alla ricerca, noi vogliamo anche la libertà sostanziale. Il che significa lottare per ottenere politiche solidali, affinché non sia solo il reddito a decidere chi ha l’opportunità concreta di potenziarsi, di rallentare l’invecchiamento, di allontanare la morte. Significa pretendere la distribuzione dei benefici della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Significa pretendere l’accesso libero e generalizzato alle nuove tecnologie. Dovrà essere il singolo cittadino a decidere che fare della propria vita, ma con il sostegno della comunità cui appartiene. Tra l’altro, sarebbe miope non essere chiari su questo punto. Significherebbe gettare nelle braccia dei bioluddisti la massa dei cittadini esclusi, con esiti catastrofici per la pace sociale.
Per quanto riguarda le biotecnologie, in Italia, possiamo fare un discorso chiaro, perché abbiamo già una struttura pubblica che può essere utilizzata per la sperimentazione e l’utilizzo di nuove terapie e tecnologie potenzianti: il servizio sanitario nazionale. Non funziona a perfezione, ci sono casi di malasanità, ci sono sprechi e nepotismo, ma diverse agenzie internazionali lo giudicano comparativamente uno dei migliori al mondo. Ogni qual volta si rendono disponibili nuove terapie per rallentare l’invecchiamento e allungare la vita, se il privato esita o fallisce o è in posizione di estrarre profitti speculativi, deve essere l’intervento pubblico a garantire che tutti i cittadini possano esercitare una scelta consapevole. Un impegno che inizia già da ora, affinché i disabili e i malati abbiano accesso alle migliori terapie, ai più efficaci farmaci, alle più sofisticate soluzioni protesiche. Circa il 20% degli iscritti al movimento transumanista ha una qualche disabilità. Sentiamo di dovere dare risposte concrete a queste persone e a tutte quelle che, pur non aderendo al nostro movimento, si trovano in simili condizioni. La mancanza di risorse non può essere una scusa accettabile, specie considerati i tanti sprechi che caratterizzano la spesa pubblica.


Perché è importante pensarci prima

Apparentemente, il discorso sull’evoluzione autodiretta sembra lontano dalla vita quotidiana, dai problemi della gente. Eppure, è importante iniziare a pensare alla questione sin da oggi. Prometeo significa “colui che pensa prima”. In questo senso dobbiamo essere prometeici.
In alcuni paesi, milioni di cittadini sono esclusi dai servizi sanitari. Se ora gli esclusi tollerano questa condizione, forse consolati dal fatto che la sorte comune del genere umano, ovvero l’invecchiamento e la morte, è in fondo la loro vendicatrice, la situazione potrebbe cambiare decisamente quando terapie di rigenerazione dei tessuti a base di staminali o nuovi trattamenti farmacologici dovessero davvero portare al ringiovanimento e alla radicale estensione della vita degli assistiti. In tal caso, gli esclusi potrebbero prendere in considerazione anche l’ipotesi di un’azione violenta nei confronti di quegli individui abbienti che traggono vantaggio dal progresso medico, restando indifferenti alle sorti degli altri membri della comunità. Avere una casa o un’automobile più costosa non è esattamente come vivere in salute duecento anni, piuttosto che morire sulla soglia dei settanta a causa della progressiva e inesorabile degenerazione dei tessuti. L’ipotesi della ribellione degli esclusi deve essere sempre tenuta presente nell’analisi di scenario e tale ipotesi richiede risposte preventive, rapide e concrete. L’impegno per l’accesso alle cure deve iniziare subito, affinché al momento dell’emergenza delle nuove biotecnologie esista già un modello di intervento consolidato.
Ma i transumanisti sono capaci di guardare più lontano rispetto alla politica tradizionale. La nascita e lo sviluppo di internet e di comunità virtuali deterritorializzate invita a ripensare tutta una serie di questioni come la gestione dei brevetti tecnologici, le norme sul copyright, il fenomeno dell’Open Source, i sistemi di sorveglianza telematici e satellitari, la privacy del cittadino. Lo sviluppo tecnologico ci mostra tutta l’inadeguatezza di una classe dirigente ferma alla dicotomia pubblico-privato e che ragiona ancora nell’ottica limitata dello Stato-nazione. Senza volere cadere nel qualunquismo o nella sterile polemica antipolitica, è un dato di fatto che – a parte rare e meritevoli eccezioni – ci guida una classe dirigente che per età e formazione non ha ancora colto il significato rivoluzionario ed epocale di Internet e si limita ad associare la rete alla pornografia o alla prostituzione, sperando in questo modo di esorcizzarla o di giustificare censure e burocratizzazioni.
Noi siamo perfettamente coscienti del fatto che la tecnologia nasconde anche insidie, come sistemi di sorveglianza invasivi o farmaci pericolosi. Perciò, una certa cautela è importante. Tuttavia, riteniamo sommamente ingenuo e controproducente cercare di fuggire dalla tecnica, o evidenziarne solo gli aspetti negativi. Dobbiamo ricordare sempre le sagge parole di Francesco Bacone: “sapere è potere”. Rifiutare la tecnica significa consegnare il potere ad altri. È questo che i cittadini devono capire. Il mondo va avanti. Mettere la testa sottoterra come gli struzzi non risolve i problemi, anzi peggiora la situazione. Il nostro impegno è perciò teso a convincere la gente a non cadere nella trappola delle sirene primitiviste. Chi diffonde la nostalgia di un passato idilliaco che non è mai esistito o il desiderio di un impossibile e filosoficamente infondato ‘ritorno alla natura’ indebolisce i cittadini e i popoli, consegnandoli alla schiavitù. Bisogna invece conoscere il più possibile, essere aperti al futuro, accettare l’idea che la libertà si conquista giorno per giorno, a colpi di update e di upgrade. E prepararsi con largo anticipo a questa eventualità.

La sindrome della volpe e l’uva

Nell’ambito delle nuove tecnologie gioca spesso un ruolo importante la sindrome della volpe e l’uva. C’è un canovaccio che si ripete invarabilmente. Quando appare una novità, scatta immediatamente la critica, il rifiuto. La reazione del cittadino medio è tipica e prevedibile: “siccome non ho le tecnologie (o penso di rimanerne escluso), allora non mi piacciono”. Questo accade anche con le tecnologie transumaniste, ma si tratta di una risposta del tutto irrazionale. La risposta razionale è piuttosto: “siccome non ho queste tecnologie, moltiplico gli sforzi per entrarne in possesso”. Tra l’altro vediamo tutti che lo stesso cittadino che aveva criticato il nuovo strumento tecnico (automobile, televisione, computer, telefonino, ecc.) quando ancora non lo possedeva, una volta che ne è entrato in possesso, non vuole più rinunciarvi.
Anche nell’ambito delle teorie cospirazioniste, il luddista mostra un’attitudine fortemente influenzata da questa sindrome: “siccome il cosiddetto ‘sistema’ è dotato di tecnologie che io non ho, allora le tecnologie non mi piacciono”. Ammesso che esista un ‘sistema’ che domina i cittadini indifesi, non sarebbe più razionale dotarsi di tutte le tecnologie possibili per difendersi dal sistema? Cerchiamo di vedere la situazione da una prospettiva diversa. Innanzitutto, il fatto che il ‘sistema’ abbia tecnologie più avanzate è vero solo in parte. Consideriamo, per esempio, le tecnologie informatiche. Tutti vediamo che i tecnofili della rete sono molto più esperti della classe dirigente del paese nel maneggiare macchine intelligenti. Ma anche ammettendo che le élite abbiano accesso a tecnologie migliori, a sistemi di comunicazione e di controllo più avanzati, non bisogna scordare che le conoscenze, le informazioni, le abilità giocano ancora un ruolo fondamentale. Un parallelo può aiutare a capire: se su una pista automobilistica mettiamo due concorrenti, un pilota di formula uno su un’utilitaria e un neopatentato su un bolide di formula uno, possiamo tranquillamente prevedere che vincerà il primo, nonostante l’inferiorità del mezzo. Questo perché la prestazione di una tecnologia dipende anche dalla nostra capacità di usarla. Dunque, anche ammesso che ‘loro’ (le famigerate élite che attentano alla libertà dei cittadini, attraverso tentacolari ramificazioni nell’amministrazione pubblica) possono spiare e controllare noi (i cittadini, il popolo), è anche vero che ‘noi’ possiamo spiare e controllare loro, possiamo fare sentire il fiato sul collo a chi ci governa. E diffondere capillarmente notizie e informazioni importanti, anche al di fuori dei canali istituzionali.
Il modello che si applica ora alle tecnologie della comunicazione, potrebbe applicarsi domani alle biotecnologie. Se noi cittadini non vogliamo un mondo diviso in caste, con i postumani in posizione dominante e gli umani in posizione servile, quello che dobbiamo fare è molto semplice: diventare noi stessi postumani. Prima possibile.


Per concludere: sognatori sì, ma sufficientemente pragmatici

Una critica che ci viene spesso mossa è che il sogno dei transumanisti è appunto “un sogno”. E tale resterà. Facile ribattere che tutta la realtà è stata prima un sogno. L’uomo si distingue dagli altri esseri viventi proprio per la sua capacità di sognare, di pensare il futuro, di immaginarlo, e quindi di progettarlo e costruirlo. Spesso ci dicono: “questa è fantascienza, non scienza”. Ma cari amici, anche il telefono cellulare prima di diventare uno degli elettrodomestici più diffusi del pianeta era un sogno fantascientifico che popolava soltanto le pellicole di Star Trek. Uno scrittore lo ha immaginato e poi un ingegnere lo ha realizzato, proprio ispirandosi alle chiamate wireless tra Captain Kirk e Spock. Prima si sogna, poi si realizza. Questo ci insegna piuttosto che la letteratura fantascientifica è una forma culturale di cruciale importanza per il destino dell’umanità.
Ci dicono anche che non tutto ciò che si immagina può essere realizzato. Ma questo è un truismo. Che cosa dimostra? Resta comunque vero il contrario, ossia che ciò che si realizza deve prima essere immaginato. È vero. Non ci sono certezze a riguardo della trasformazione postumana, del longevismo estremo, della fusione tra uomo e macchina, della crionica, del mind uploading, della Singolarità. Di questo i transumanisti sono ben consapevoli. Ma se anche solo una su dieci delle invenzioni prognosticate dai futurologi transumanisti si realizzasse nei prossimi anni, su questo pianeta avrebbe comunque luogo la più grande rivoluzione della storia dell’umanità dai tempi del neolitico. E il bello della storia è che noi siamo qui, ora, pronti a vivere da protagonisti questo momento epocale.

Riccardo Campa
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